venerdì 26 dicembre 2014

PACEMAKER E VALVOLE CARDIACHE NASCONO NELLE MANI DI QUESTE DONNE

Viaggio all'interno del laboratorio Sorin di Saluggia (Vc) dove parti meccaniche e parti di tessuto biologico vengono cucite dalle sapienti mani femminili prima di sostituire i cuori malati


L’antica manualità delle ricamatrici di Saluggia, in provincia di Vercelli, rivive accanto all’innovazione della ricerca biomedica italiana. Nello stabilimento della Sorin (multinazionale italiana leader nelle tecnologie per il settore cardiovascolare, con 740 milioni di fatturato), infatti, sono le donne a “ricamare a mano” ogni dispositivo cardiaco in materiale sintetico o biologico (il tessuto animale per questi ultimi dispositivi è ricavato dal pericardio di un bovino appositamente trattato). Sono loro che punto dopo punto, con una particolare tecnica a rombi che le obbliga a passare attraverso i fori già utilizzati per rendere la cucitura più resistente, mettono insieme il meccanismo in lega ultraleggera, atossica e ipoallergica con le parti in tessuto sintetico o animale. Veloci e precise per costruire “i pezzi di ricambio” delle valvole del cuore, le minuscole strutture (quelle dei bambini possono misurare qualche millimetro di diametro) che consentono di regolare il flusso del sangue all’interno del muscolo cardiaco. Migliaia di aperture e chiusure al giorno… per una vita intera. 

In un’Italia che non dà valore al lavoro femminile, la struttura di Saluggia è un’oasi. Donne sono molte delle direttrici di reparto, donne sono i controller di qualità e le operaie specializzate: 650 su 950 addetti. “Sono più attente e precise - si lascia scappare uno dei pochi uomini che s’incontrano nei corridoi della Sorin - In questo campo sono assolutamente superiori, hanno una pazienza e un occhio che gli uomini non hanno”. A vederle attraverso il vetro che protegge l’ambiente da qualunque inconveniente che possa minare il prodotto (anche un granello di polvere rischia di compromettere uno strumento che poi andrà impiantato in un cuore umano), chine sul bancone con ago e filo, sembrano delle ricamatrici di una volta. Solo l’abbigliamento, uno spesso “scafandro” bianco le rende simili a un chirurgo prima di entrare in sala operatoria, i microscopi che consentono loro di lavorare con la massimo precisione e l’ambiente totalmente isolato dall’esterno, le distinguono dalle loro antenate. 

Nulla è permesso all’interno di queste camere “stagne”: niente cibo, né bevande, vietati anche gli effetti personali, i telefonini, gli orologi, i gioielli (ad esclusione della fede nuziale ben celata sotto i guanti protettivi), niente nastri e mollette nei capelli, niente piercing. E, per chi assembla pacemaker e defibrillatori, niente collant, per evitare possibili fonti elettrostatiche che potrebbero danneggiare i sensibili componenti dei dispositivi. Niente trucco… e cosi qualche donna ha pensato a quello permanente per ovviare al problema. Rigidissima anche l’operazione d’ingresso e di uscita: per entrare nelle camere sterili bisogna spogliarsi, lavarsi e indossare lo scafandro. Non solo, come una vera squadra di calcio, le operatrici dopo lo spogliatoio, entrano nella camera sterile tutte insieme ed escono a fine turno tutte insieme, salvo naturalmente emergenze personali. “E’ un settore molto delicato - racconta con orgoglio la responsabile del personale dello stabilimento, Federica Cumia - per formare una delle addette alla produzione occorrono in media sei mesi… per ogni stazione lavorativa: cucitura, controllo, montaggio etc… Per questo il turnover dei dipendenti è limitato al massimo. Quando troviamo la persona giusta ce la teniamo fino alla pensione”. 

Oggi, da quei laboratori escono 130 mila valvole (60 mila biologiche e 70 mila meccaniche) all’anno che prendono il volo per tutti i paesi del mondo. Ma prima ogni pezzo deve passare decine di controlli che selezionano i migliori e quelli perfetti. Ogni componente viene sottoposto agli stress test che lo mette alla frusta: con appositi macchinari si “restringe” il tempo e nell’arco di qualche mese si utilizza la valvola per un numero di volte equivalente a 15 anni di uso normale. Il tutto sotto l’occhio vigile di altre donne ricercatrici. Sarà anche per questo che la Sorin ha acquisito il concorrente diretto americano e non il contrario come avviene di solito?

(FONTE - Simone Fanti - IO DONNA - CORRIERE DELLA SERA - 26 dicembre 2014)