BRESCIA - LA SEDE DELLA CAFFARO |
La notizia è stata sottaciuta. A Saluggia pochi ne parlano, ma Sorin Group ha una grana. Una grossa grana da dipanare.
Ne parla la pagina dedicata a Brescia del maggior quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, che, nell’edizione di ieri, testualmente racconta: “Chi ha visto le settanta slide presentate al ministero dell’Ambiente, con tanto di alberi ed altalene al posto della Caffaro di via Milano, è rimasto a bocca aperta. È possibile trasformare uno dei sti più inquinati d’Italia (nel terreno sottostante i pcb e le diossine sono migliaia di volte superiori ai limiti di legge) in un parco pubblico? Sulla carta sì. Il progetto preliminare lo ha presentato la Sorin Spa al ministero dell’Ambiente. Ed è in corso una delicata trattativa. La multinazionale specializzata nella produzione di valvole cardiache (che recentemente si è fusa con l’americana Cyberonics) era un’ex azionista di rilievo della Caffaro alla quale il commissario straordinario, lo Stato e da pochi mesi anche la Loggia, hanno chiesto conto dei danni ambientali. E i soldi per la bonifica. La multinazionale si è decisa quindi ad avanzare una proposta di transazione. Per uscire «pulita» dalla vicenda che potrebbe arrecarle danni di immagine. Non è direttamente responsabile del gravissimo inquinamento della città, avvenuto fino al 1984 (mentre lei è controllata da Snia dal 1985). Ma nel 2003 viene scorporata dalla sua controllante, la quale diventa la «bad company» che poi fallirà. La Caffaro è stata quindi svuotata scientemente di tutti i beni necessari - questa l’accusa del commissario - ad una futura bonifica. Finiti invece nella good company.
I veleni sono scesi fino a 38 metri di profondità
Il comune di Brescia spera ardentemente che l’accordo vada in porto. E nel frattempo «prepara il terreno», apprestandosi a modificare il piano di governo del territorio. Per l’ex fabbrica dei veleni la destinazione sarà «verde pubblico» e non ad area industriale-artigianale o commerciale. Cancellare l’azienda dove per mezzo secolo si sono prodotte 150mila tonnellate di cancerogeni pcb (oli resistenti per trasformatori, condensatori, vernici) ma anche pesticidi, non è impresa da poco. La superficie industriale misura 110mila metri quadrati mentre - come conferma l’Arpa - i veleni sono scesi fino a 38 metri di profondità. Abbattere i capannoni e scorticare diversi metri di terreno inquinato può costare diversi milioni di euro. Soprattutto se i valori degli inquinanti devono essere portati sotto le rigide soglie di tutela sanitaria relative ad un parco (83 volte inferiori a quelle delle aree industriali). Una spesa che la Sorin pare intenzionata ad affrontare. Per questo ha chiesto il supporto tecnico di un’altra multinazionale specializzata in bonifiche (la Erm).
Il cauto ottimismo del sindaco Del Bono
Il sindaco Emilio Del Bono sa che per la città si tratterebbe di una svolta «epocale» sul fronte ambientale. È cauto ma ottimista: «Il parco avrebbe un valore simbolico molto importante per la città. Rappresenterebbe un vero riscatto, dopo decenni di inquinamento. Vale la pena crederci. Anche se dovessero servire anni prima dell’avvio dei lavori». La presa di responsabilità di Sorin potrebbe poi portare altri ex azionisti di Caffaro (Unipol, Mps, Mittel, Ge-interbanca) a valutare la strada della transazione che fino ad oggi hanno rifiutato. Valuta molto positivamente la proposta del parco anche l’assessore regionale all’ambiente Claudia Terzi, presente a Roma nell’ultimo incontro al ministero: «Sarebbe un’ottima soluzione. Mi viene in mente il bosco delle querce nato sulle ceneri di Seveso». Per le istituzioni è però una corsa contro il tempo: il gruppo Todisco, che gestisce l’attuale sito Caffaro, ha comunicato alla Loggia e al commissario la definitiva volontà di andarsene. I 700mila euro l’anno necessari al pompaggio dell’acqua di falda per evitare il disastro ecologico, dovrebbero ricadere sul ministero.”
(Fonte – Pietro Gorlani - Corriere della Sera)