Passata con un nulla di fatto
la scadenza del 16 giugno,
quando la Sogin avrebbe
dovuto comunicare
ai ministeri di Economia e Ambiente
l'elenco dei siti
che potrebbero ospitare i rifiuti radioattivi.
Una decisione scomoda che accumula ritardi, mentre i comuni
potenzialmenente interessati
mettono le mani avanti.
potenzialmenente interessati
mettono le mani avanti.
A cominciare da Caorso.
Lo stop arrivato dall'Ispra.
Nessuna motivazione ufficiale,
possibili dubbi
sui criteri di individuazione delle aree.
L’iter per l’approvazione e la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) a ospitare il deposito unico delle scorie nucleari subisce un altro stop. Di nuovo in prossimità di una scadenza programmata, quella del 16 giugno, entro la quale la lista avrebbe dovuto essere completata. Cosa che non è successa. A chiedere lo stop, questa volta, è stato l’Ispra(Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che in una nota informa di aver bisogno di altro tempo – entro la prima decade di luglio recita la nota – per verificare la bontà del lavoro effettuato da Sogin, la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi. Una volta terminata questa attività di verifica, Ispra trasmetterà ai due ministeri competenti – quello dell’Ambiente e quello dello Sviluppo economico – l’aggiornamento della proposta di Cnapi e la relativa relazione circa il lavoro svolto. Solo allora, i Ministeri stessi procederanno a rilasciare a Sogin il nulla osta alla pubblicazione della Carta.
Un iter travagliato, come si vede, iniziato il 4 giugno del 2014 e che in un anno ha già accumulato tre mesi di ritardo. Un rallentamento che non trova spiegazioni ufficiali. Tutti gli attori coinvolti nel processo, infatti, ostentano ottimismo e sicurezza. Come Sogin, che attraverso Fabio Chiaravalli, direttore del deposito nazionale e del parco tecnologico conferma che «Sogin a metà giugno ha terminato di consegnare ad Ispra gli approfondimenti tecnici richiesti». La società, ora, è alla finestra, in attesa delle decisioni dei ministeri competenti. L’impressione, però, è che la comunicazione di Ispra abbia colto di sorpresa anche Sogin. Lo scorso 18 giugno, anche il ministro Galletti aveva rassicurato la platea di un convegno: «Il percorso è assolutamente nei tempi previsti. La Carta dei luoghi che potranno essere oggetto del deposito unico nazionale è chiaramente un lavoro scientifico molto approfondito e lo vogliamo fare bene. L’Ispra – aveva aggiunto il ministro – mi ha inviato una lettera nei giorni scorsi – chiedendo di poter fare un ulteriore approfondimento sulle verifiche fatte dalla Sogin per poter poi pubblicare la carta».
Il sospetto che qualcosa non quadri, però, c’è. È infatti la seconda volta che Sogin consegna a Ispra la proposta di Cnapi. La prima agli inizi dell’anno, il 2 gennaio 2015, a sette mesi dalla pubblicazione dei criteri di localizzazione. Il 13 marzo Ispra comunicava di aver consegnato al Ministero dell’Ambiente e al Ministero dello Sviluppo Economico la sua relazione sulla proposta di Sogin. Il 16 aprile 2015 il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente chiedevano degli approfondimenti tecnici a Sogin e all’Istituto Superiore per la protezione ambientale. Quello che non convinceva erano i criteri utilizzati per l’individuazione delle aree. Sogin e Ispra avrebbero dovuto fornire gli elementi richiesti dai Ministeri entro 60 giorni, ossia il 16 giugno. Più di una settimana fa. Ma proprio il 16 giugno Ispra comunicava di aver bisogno di ulteriore tempo per verificare quanto fatto da Sogin che, da parte sua, aveva inviato a Ispra l’aggiornamento della Cnapi nei tempi previsti.
Un iter tortuoso e contraddistinto da una riservatezza che da un lato trova una giustificazione nella delicatezza della materia, dall’altro non fa che aumentare lo scetticismo circa la sbandierata trasparenza della procedura. In molte regioni si sono già formati comitati territoriali pronti a contestare l’eventualità che la scelta del deposito unico di scorie radioattive ricada nelle loro terre. Mentre si susseguono interrogazioni parlamentari sull’argomento, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna sono già sul piede di guerra. Roberta Battaglia, sindaco di Caorso – paese del piacentino sede di una delle centrali nucleari italiane – ha dichiarato: «La secretazione totale dei passaggi e la mancanza assoluta di trasparenza e di un dialogo con i territori non può che scatenare rivolte». Battaglia ha poi aggiunto: «Caorso conferma l’indisponibilità a ospitare il deposito. Fermo restando questo ‘punto fisso e imprescindibile’ – ha continuato la prima cittadina – il deposito nucleare è indispensabile per ospitare le scorie disseminate nel Paese ed è inaccettabile che un governo che ama dipingersi come decisionista tergiversi su un tema così importante».
Anche secondo Bruno Valentini, Sindaco di Siena e Presidente della Commissione Ambiente e territorio Anci «questo è un tema di assoluta rilevanza e in più occasioni lo abbiamo portato all’attenzione del governo. Il ministero dell’Ambiente deve provvedere prima possibile: i Comuni hanno bisogno di certezze».
(FONTE – VINCENZO MULE’
– IL FATTO QUOTIDIANO)
Ciao alla prossima
e chiunque volesse
liberamente replicare
può farlo sempre qui:
marco.pasteris@yahoo.it