C’è un sentenza che ha fatto storia nella giurisprudenza
civile afferente l’accesa discussione in Consiglio Comunale.
E‘ quella emessa
dalla Suprema Corte di Cassazione Civile sez. V, il 17.08.2001, sentenza n° 31220.
In essa il Supremo Giudice afferma
che: “Non sussiste il delitto di diffamazione, ricorrendo la scriminante del
legittimo esercizio del diritto di critica, allorché, nella competizione
politica, vengano usati toni oggettivamente aspri e polemici o espresse
opinioni con termini pungenti, purché oggetto della critica sia un aspetto
della dimensione pubblica del destinatario, anche duramente contestato, e, le
frasi usate non siano volgarmente e gratuitamente offensive.”.
Perché ve ne parliamo ???
Semplice
perché nel corso del Consiglio Comunale del 26 novembre 2014, il Sindaco di
Saluggia, Firmino Barberis, ripetutamente sollecitato alla pubblica vergogna
(abbiamo contato ben 14 volte l’invito, di un componente la Minoranza alla
Maggioranza:”Vergognatevi”), ha risposto con tono aspro criticando l’operato
della stessa minoranza.
E’
partita quindi, in stato evidente di ira ed alterazione dovuto al contesto in
cui si è era sviluppato il dibattito quella frase di cui lasciamo al lettore
immaginare l’integrità: “Tu non sai un …”.
Potrebbe
essere oggetto di querela
di per diffamazione di un Consigliere Comunale ?
Chi
lo sa ?
Ma con i tempi che corrono a Saluggia…
Denunzia più denunzia meno.
Spezziamo comunque
una lancia a favore
del Sindaco.
Va detto che la giurisprudenza si è
più volte occupata del problema della critica politica ed ha rinvenuto il
fondamento del diritto di critica nell'art. 21 della Costituzione con un
limite, condiviso anche dalla dottrina, che la critica deve riguardare la C.D.
identità politica del personaggio pubblico criticato, ovvero la dimensione
pubblica dello stesso, nel senso che la manifestazione del pensiero deve
incidere su quegli aspetti della attività e della personalità del soggetto che
siano esposti al pubblico, e non la dimensione meramente privata, che merita
una tutela più incisiva.
Il diritto di critica, inoltre,
secondo un indirizzo giurisprudenziale, contrastato ma che, a giudizio della
Suprema Corte di Cassazione, ha un indubbio fondamento (Cass. 16 aprile 1993,
Barile, CED Cass. n. 194300), non presuppone la verità del fatto, poiché si
differenzia dal diritto di cronaca, che per essere validamente esercitato richiede
che i fatti narrati siano veri, perché non si concretizza come l'altro nella
narrazione di fatti, bensì nella espressione di un giudizio, più genericamente
di una opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva.
In sostanza, per la soluzione del
caso in questione, ipotizziamo di
richiamare l'attenzione sulla peculiarità della lotta politica o meglio della
competizione politica, che è costituzionalmente protetta e garantita, perché
proprio attraverso le forme della competizione politica si sviluppa la
dialettica democratica, che costituisce il fondamento di ogni stato democratico
e di diritto.
A tal proposto, nell’ordinamento
attuale, si e giunti ad affermare che nel bilanciamento tra due beni
costituzionalmente protetti, il diritto di critica di cui all'art.21 e quello
alla dignità personale di cui agli art. 2 e 3 della Costituzione, si deve dare
la prevalenza alla libertà di parola (vedi Cass. 24 aprile 1978, Covi, Cass.
Pen Mass. Ann. 1978, 1303).
Inoltre nella lotta politica democratica
e per il raggiungimento dei fini cui questa è espressione, si e storicamente
determinato, come si è posto prima in evidenza, un mutamento del linguaggio ed
una desensibilizzazione della opinione pubblica sul significato di alcune
parole e di certe frasi usate dalle persone che in essa si trovano coinvolte,
di modo che può ritenersi legittimo l'uso di frasi ed espressioni le quali
comunemente, nell'ambito dei rapporti privati, sarebbero offensive (sul punto
vedi Cass. 18 marzo 1981, Guarino ,Giust. Pen. 1982,51).
Insomma, per concludere sul punto
della competizione politica, contesto nel quale si inserisce la frase detta dal
Sindaco Barberis nel Consiglio Comunale del 26 novembre u.s. “Tu non capisci un
….”, nell’ordinamento attuale dovrebbe
essere legittimo l'uso di toni oggettivamente aspri e polemici e le opinioni
potrebbero essere espresse anche con termini pungenti, con frasi suggestive e
finanche paradossali, che garantiscano l'efficacia della comunicazione e
catturino l'attenzione dei cittadini su problemi di interesse pubblico.
I limiti a tale ampia libertà di
comunicazione e di espressione dovrebbero essere costituiti dal fatto che
oggetto della critica deve essere un aspetto della dimensione pubblica del
personaggio criticato ed anche duramente contestato, così come avvenuto nel
Consiglio Comunale del 26 novembre u.s.
Ciao
alla prossima
e
chiunque volesse liberamente
replicare
può farlo sempre qui:
marco.pasteris@yahoo.it