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venerdì 12 dicembre 2014

NUCLEARE, ZOLLINO (SOGIN): ECCO CHE FINE FARANNO I RIFIUTI RADIOATTIVI IN ITALIA

GIUSEPPE ZOLLINO - PRESIDENTE DI SOGIN
In Italia il nucleare non esiste più. O meglio, è il nucleare come fonte energetica a essere definitivamente uscito di scena, dopo il referendum del 2011. Ma i rifiuti radioattivi nel nostro Paese continuano a essere prodotti da altri settori: da quello industriale, basti pensare alle macchine per radiografare le saldature, a quello della ricerca scientifica e della terapia e diagnostica medica.

In Italia vi sono poi otto impianti nucleari. Parliamo delle ex centrali di Trino (Piemonte), Caorso (Emilia Romagna), Latina (Lazio) e Garigliano (Campania) e dei quattro impianti di ricerca sul ciclo del combustibile nucleare ovvero l'EUREX di Saluggia (Piemonte), gli impianti OPEC ed IPU di Casaccia (Lazio), l'ITREC di Rotondella (Basilicata) e l'impianto FN di Bosco Marengo (Piemonte). Impianti che oggi sono in fase di smantellamento.

Che fine faranno i rifiuti nucleari già presenti al loro interno e quelli che saranno progressivamente prodotti via via che quegli impianti verranno smantellati? E come vengono gestiti quelli prodotti ogni anno in campo medico e industriale ? 

Sogin, porta avanti lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari e gestisce, con la controllata Nucleco, i rifiuti radioattivi provenienti dagli altri settori. Sogin ha anche il compito di localizzare, realizzare e gestire il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, un'infrastruttura ambientale di superficie dove mettere in sicurezza definitivamente tutti i rifiuti radioattivi a bassa e media attività presenti sul nostro territorio.

Oggi nel nostro Paese ci sono circa 27 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui oltre 25 mila a bassa e media attività e quasi 2 mila ad alta attività. Senza un deposito nazionale - una struttura di cui sono dotati ormai quasi tutti i Paesi europei - i rifiuti rimarrebbero nei tanti depositi temporanei distribuiti su tutta la Penisola. 

A che punto si trova il nostro Paese nella gestione di questi materiali radioattivi e nell'iter di localizzazione del Deposito Nazionale che dovrebbe mettere in sicurezza le prossime dieci generazioni di Italiani ?


Affaritaliani.it ha intervistato il presidente di Sogin, Giuseppe Zollino, che nel pomeriggio di venerdì 12 dicembre, a Milano, modererà una tavola rotonda sulle esperienze internazionali nella gestione dei rifiuti radioattivi. La tavola rotonda si svolgerà all'interno di un seminario internazionale dal titolo: "Il decommissioning nucleare un'opportunità di sviluppo sostenibile a livello globale", organizzato da Sogin con il patrocinio del Consiglio dell'Unione europea nell'ambito del semestre di Presidenza italiano. 
Professor Zollino, quanto a lungo restano radioattivi questi rifiuti? Si parla di tre secoli… è così ?


"I rifiuti radioattivi sono classificati in categorie in base all'intensità ed alla durata della loro radioattività. Per i rifiuti che la normativa italiana classifica di 1^ e 2^ categoria o bassa e media attività, la radioattività scende sotto la soglia del fondo naturale in un tempo compreso tra qualche anno e 2-300 anni. Quelli di 3^ categoria (o ad alta attività) rimangono invece radioattivi per migliaia di anni. Più alto è il livello di radioattività, in termini di intensità e durata, maggiori dovranno essere le barriere fisiche di confinamento.

Nel caso di rifiuti a bassa e media attività, per il deposito definitivo sono idonee strutture ingegneristiche di superficie; nel caso di rifiuti ad alta attività, per il deposito definitivo è necessario ricorrere a barriere geologiche, come granito, salgemma o argilla, cioè il deposito deve essere di profondità".


Dove si trovano attualmente questi rifiuti? Solo negli impianti indecommissioning ?

"I rifiuti originati dall'esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari sono custoditi in sicurezza in depositi temporanei presso gli stessi impianti. I rifiuti provenienti da applicazioni industriali e medico-sanitarie seguono strade diverse: quelli a bassa attività, a breve tempo di decadimento, necessitano di un breve stoccaggio temporaneo, che avviene di norma nei luoghi stessi di produzione, prima dello smaltimento convenzionale; quelli a media attività vengono custoditi in diversi depositi temporanei, gestiti da aziende specializzate operanti nel nostro Paese".

Per tutti questi rifiuti presenti in Italia dovrebbe essere realizzato un deposito nazionale dove farli confluire definitivamente. Perché abbiamo bisogno di questa struttura ?


"Il Deposito Nazionale consentirà di trasferire tutti i rifiuti a bassa e media attività in un'unica struttura di stoccaggio definitivo e garantirà una gestione più affidabile, efficiente e sicura, per tutto il tempo necessario al loro decadimento sotto la soglia di rilevanza radiologica. Infatti, tutti i depositi temporanei di cui parlavo prima sono strutture sufficientemente sicure nel breve termine, ma non presentano le caratteristiche richieste ad un deposito definitivo, che deve consentire la gestione e lo stoccaggio in piena sicurezza per circa trecento anni. E questo vale anche per i depositi temporanei costruiti presso i nostri siti nucleari. La costruzione del Deposito Nazionale risponde, inoltre, ad una Direttiva Europea del 2011, recentemente recepita dall'Italia. Il Deposito Nazionale è pertanto un'infrastruttura non più rinviabile, che consentirà di chiudere il ciclo elettro-nucleare in Italia, ad ormai 27 anni dalla fermata delle centrali, una volta che Sogin avrà completato il loro smantellamento".

In che senso ?


"Come noto, Sogin è responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e deve riportare le aree alla loro condizione iniziale, libere da vincoli radiologici, il cosiddetto "prato verde". Stimiamo che la demolizione di tutte le parti nucleari degli impianti, al termine dei lavori, avrà generato circa 55 mila metri cubi di materiali radioattivi, opportunamente condizionati, compattati, e sistemati all'interno di fusti metallici, colmati con malta cementizia. Tuttavia, questa complessa operazione non potrà essere completata se i fusti non saranno trasferiti in un Deposito Nazionale definitivo. Come ho già detto, infatti, neppure i depositi temporanei Sogin rispettano i requisiti del deposito definitivo: ad esempio, le centrali nucleari dismesse sono localizzate in vicinanza del mare o di importanti corsi d'acqua, perché le centrali nucleari, come tutte le centrali termoelettriche, hanno bisogno di acqua di raffreddamento per il loro ciclo termico. Al contrario, una strategia di lungo periodo per la gestione dei rifiuti radioattivi impone che essi siano smaltiti in siti lontani dall'acqua".

Cosa accadrebbe se il Deposito nazionale non fosse realizzato ?

"I rifiuti continuerebbero a restare nei depositi temporanei attuali, che danno garanzie solo per qualche decina di anni e che, prima o poi, dovrebbero essere riadeguati, e in alcuni casi ricostruiti o nello stesso sito o altrove, con costi molto alti. Questa alternativa di ripiego, oltre che più onerosa, sarebbe anche meno sicura e meno efficiente della realizzazione di un Deposito Nazionale definitivo".


Che caratteristiche avrà il Deposito ?

"Sarà una struttura di superficie, progettata sulla base degli standard IAEA e delle migliori prassi internazionali. Vi saranno definitivamente smaltiti in sicurezza circa 75 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività, e temporaneamente circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività, destinati in futuro a un deposito definitivo di tipo geologico.  Dei circa 90 mila metri cubi complessivi, il 60% proverrà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40% dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che ogni anno producono circa 500 metri cubi di rifiuti. Ad esempio, solo la scintigrafia radiometabolica, che utilizza il radioisotopo Iodio131, ne produce attualmente circa 15 metri cubi annui".



Al Deposito è associato un Parco tecnologico. Di che si tratta ?
"Il Deposito Nazionale sorgerà all'interno di un Parco Tecnologico dedicato alla ricerca ed allo sviluppo di tecnologie su tematiche connesse al decommissioning, alla gestione dei rifiuti radioattivi e, più in generale, allo sviluppo sostenibile. I settori andranno definiti in accordo con le esigenze delle realtà locali nell'area prescelta, in modo che il Parco Tecnologico sia occasione di sviluppo locale e crescita economica".

L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ha indicato i criteri per localizzare il sito che ospiterà il Deposito Nazionale. Ci spieghi meglio…

"Il 4 giugno l'Autorità di Controllo Ispra ha pubblicato la Guida Tecnica 29 che indica i criteri per individuare le aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale. In particolare, i così detti criteri di esclusione, 15 in tutto, rappresentano condizioni tutte necessarie affinché un'area sia considerata potenzialmente idonea: è sufficiente il mancato rispetto di uno solo di questi criteri perché l'area venga esclusa. La Guida Tecnica 29 ha avviato l'iter previsto dal Titolo III del Decreto Legislativo 31/2010, che comprende fasi successive di analisi territoriali a dettaglio crescente e di consultazione con le regioni, gli enti locali, le associazioni ambientaliste, i cittadini delle aree interessate. La prima tappa è la redazione da parte di Sogin della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee e la sua consegna all'Ispra entro il 4 gennaio 2015. Una scadenza che saremo in grado di rispettare, e per questo voglio ringraziare in anticipo i nostri tecnici, che da giugno stanno lavorando alacremente".

Nei criteri si escludono le zone sismiche, ad elevato rischio idrogeologico, le zone protette, quelle vicine al mare e ai corsi d'acqua, vicine ai centri abitati eccetera. Cosa rimane ?


"Stiamo svolgendo una serie di accurate analisi del territorio per individuare le aree che rispettano tutti i 15 criteri e, dunque, non sono escluse. È un lavoro complesso che coinvolge istituzioni, enti di ricerca, università e che per certi versi è una sorta di screening ambientale, che alla fine costituirà una banca dati delle caratteristiche del territorio italiano: l'attività vulcanica e sismica, l'erosione del suolo, l'habitat animale e vegetale, le risorse del sottosuolo e così via".

Eppure c'è chi maliziosamente sussurra che i siti già si conoscono….


"Non sappiamo ancora né quante né quali aree saranno individuate come potenzialmente idonee, ma ci aspettiamo di trovarne un numero considerevole, sufficientemente ampie, distribuite su molte regioni. E poiché la superficie necessaria per il Parco Tecnologico con il Deposito Nazionale è dell'ordine di 150 ettari, è ragionevole che i potenziali siti all'interno delle tante aree idonee siano in numero davvero elevato. Questa semplice considerazione dovrebbe rassicurare sul fatto che Sogin non è praticamente in condizioni di decidere un "indirizzo" per il Deposito Nazionale, se non bastasse ricordare che la legge non le assegna questo compito".

Ma allora, quando sarà resa pubblica la carta delle aree potenzialmente idonee, come verrà scelto il sito su cui costruire il Deposito Nazionale ?

"Una volta che la carta delle aree potenzialmente idonee sarà stata verificata dall'ISPRA e verrà pubblicata, e dunque sarà chiaro dove si potrebbe realizzare il deposito e dove invece no, verrà promosso un seminario nazionale con tutti gli organismi interessati: ministeri, enti locali, associazioni ambientaliste, centri di ricerca universitaria e scientifica, e così via. Nel corso del seminario saranno descritte le procedure di selezione delle aree, presentato il progetto preliminare del Deposito, illustrate le caratteristiche del Parco Tecnologico e raccolte osservazioni ed istanze della popolazione nelle aree potenzialmente idonee. Sulla base di questi nuovi elementi, sarà disegnata la carta nazionale delle aree idonee. Ciò consentirà di avviare un dibattito pubblico e trasparente, i cui contenuti saranno diffusi attraverso vari canali di comunicazione, che servirà ad evidenziare le implicazioni della presenza del Deposito su un territorio, il livello di sicurezza, i vantaggi indotti e così via. Alla scelta del sito si arriverà in modo condiviso, senza imposizioni di alcun genere, auspicabilmente attraverso l'autocandidatura dal basso di più territori, com'è avvenuto in molte esperienze simili all'estero. Del resto, speriamo sia chiaro a tutti che la realizzazione del Deposito non è un obiettivo di Sogin, ma una necessità ormai indifferibile del Paese".


Vi aspettate davvero autocandidature?

"Diciamo che siamo confidenti".





Perché?

"Il territorio che ospiterà il Deposito dovrà oggettivamente accettare alcune limitazioni nella destinazione d'uso delle aree circostanti e infatti, per questo, sono previsti dei benefici compensativi, ma non correrà alcun rischio ambientale perché la struttura è del tutto sicura. Custodirà, infatti, materiali radioattivi inerti, incapsulati in barriere cementizie multiple, senza alcun processo attivo di cui si potrebbe perdere il controllo. Inoltre, quel territorio godrà di benefici economici ed occupazionali. Il Deposito è infatti un'infrastruttura che richiede un investimento da un miliardo e mezzo di euro, che occuperà circa 1.500 persone per i quattro anni della costruzione e darà lavoro a circa 700 addetti, durante la gestione dell'impianto. A questo vanno aggiunte le attività del Parco Tecnologico, i cui ambiti tematici saranno concordati con le realtà imprenditoriali e di ricerca del territorio".


Quando vedrà la luce il Deposito?

"Se tutto andasse come previsto dalla legge, la struttura sarebbe pronta nel 2025. Questa tempistica consentirà di trasferire temporaneamente al Deposito Nazionale anche i materiali, che dovranno rientrare dall'estero, derivanti dalle attività di riprocessamento del combustibile nucleare".


Una volta costruito e dopo aver fatto confluire tutti i rifiuti in questo unico sito, potremmo stare dunque tranquilli? Non saranno possibili fughe di radioattività sul nostro territorio?

"Come ho già detto, all'interno del Deposito i rifiuti saranno isolati dall'ambiente in totale sicurezza, per mezzo di una serie di barriere multiple realizzate con calcestruzzi speciali. Sono barriere progettate per garantire una tenuta di oltre tre secoli, dunque fino a quando non sarà concluso il decadimento radioattivo dei materiali presenti. Per semplicità, potremmo equiparare la radioattività al suono di una radio a pile ed il deposito ad una stanza con pareti spesse dove rinchiudere la radio, per evitare che il suono si propaghi all'esterno, finché le batterie non si siano scaricate e la radio non emetta più alcun suono. Strutture come il Deposito Nazionale che realizzeremo in Italia sono operative in quasi tutti i paesi d'Europa, anche in quelli che, come la Norvegia, non hanno mai prodotto energia elettrica da fonte nucleare".

Ci faccia qualche altro esempio di depositi europei di superficie....

"In Spagna il deposito in esercizio di El Cabril ospiterà circa 100 mila metri cubi di rifiuti. In Francia il deposito di La Manche è stato chiuso dopo decine d'anni di operatività con circa 500 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività, ed è stato integrato con il deposito di L'Aube, progettato per ospitare un milione di metri cubi di rifiuti dello stesso tipo. La Francia, insieme con la Finlandia e la Svezia, è per altro fra i pochi paesi europei che hanno avviato la progettazione e realizzazione di depositi geologici di profondità per lo smaltimento dei rifiuti ad alta attività. Per i paesi, come l'Italia, con minori quantità di rifiuti ad alta attività, appare più ragionevole ed economicamente più sostenibile affrontare il tema del deposito geologico attraverso accordi transnazionali. In questo modo, è auspicabile che si possa arrivare alla costruzione di un unico deposito regionale, per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti ad alta attività di più paesi. Le direttive Euratom lo consentono e gruppi di lavoro europei sono già stati istituiti con questa finalità".

L'uscita dell'Italia dal nucleare, anticipata rispetto ad altri Paesi, potrebbe rivelarsi un fatto positivo perché stiamo accumulando delle conoscenze e un know how nel settore del decommissioning nucleare?

"Crediamo di sì. Il parco elettronucleare installato nel mondo sta invecchiando, e questo apre un business da molte centinaia di miliardi. Fra i primi paesi a uscire dal nucleare, oggi l'Italia è fra i primi ad avere sviluppato una competenza importante nel settore del decommissioning nucleare e della gestione dei rifiuti radioattivi. Oggi Sogin sta smantellando quattro centrali e quattro impianti di ricerca, tutti diversi tra loro, per tipologia di reattore o per le attività che vi si svolgevano. Questa circostanza è una oggettiva aggravante in termini di risorse e di tempo necessari, ma anche una straordinaria palestra tecnologica. Abbiamo di fronte una grande occasione per far crescere un settore industriale ad alta tecnologia, a beneficio del Paese. È una sfida impegnativa per i prossimi anni, alla quale Sogin sa di doversi preparare dimostrando di esser capace di pianificare al meglio il decommissioning dei nostri impianti e di portarlo a termine a regola d'arte, insieme con i propri partner industriali, rispettando tempi, costi e standard di sicurezza. Un motivo in più per realizzare senza indugi il Deposito Nazionale, condizione necessaria perché Sogin possa portare a compimento la sua missione ed esser pronta, insieme con altre aziende italiane, al ruolo di player internazionale di rilievo del settore."

(FONTE - AFFARITALIANI)