SENTENZA 15 LUGLIO 2015, N. 332
DATA UDIENZA 8 LUGLIO 2015
INTEGRALE
CHIUSURA UFFICI POSTALI PER RAGIONI ECONOMICHE - UFFICI POSTALI - CHIUSURA - RAGIONI ECONOMICHE - ILLEGITTIMITÀ.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 112 del 2012, proposto da:
Comune di Buia, rappresentato e difeso dall'avv. In.Pu., con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza (...);
contro
Po. S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Sa.Se. e Ma.Fi., con domicilio eletto presso il primo in Trieste, Po., piazza (...);
- dei provvedimenti con i quali Po. spa ha disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici postali di Urbignacco e di Madonna di Buja, comunicati al Comune di Buja con note 9.1.2012 e 17.1.2012 del direttore della filiale di Udine di Po. spa;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Po. S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2015 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune ricorrente, impugna con il presente ricorso i provvedimenti con i quali le Po. spa, con note del 9 gennaio 2012 e del 17 gennaio 2012 del direttore della filiale di Udine, hanno disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici postali ubicati in due località del Comune medesimo.
Dopo aver evidenziato come le Po. spa conservano la natura di organismo pubblico ed agiscono per finalità pubblicistiche, per cui gli atti emanati da loro vanno considerati atti amministrativi, osserva come la questione della soppressione degli uffici postali era d’attualità da un certo periodo di tempo. La decisione delle Po. si è formalizzata con i due atti impugnati.
A sostegno deduce i seguenti motivi di ricorso:
1. Difetto di motivazione e violazione degli articoli 3 e 10 della legge 241 del 1990. Il Comune aveva proposto il mantenimento di tutti gli uffici frazionali sia pure con apertura alternata, ma le Po. non hanno nemmeno preso in considerazione le sue ragioni né hanno spiegato i motivi per i quali la proposta non poteva essere accolta.
2. Illogicità e travisamento dei fatti; con la chiusura dei due uffici l’intera parte nord del territorio comunale si trova sprovvista di uffici postali con una grande penalizzazione per i cittadini. Bisognava farsi carico della particolare realtà territoriale della zona. Con la soppressione dei due uffici postali peraltro non si è nemmeno provveduto a potenziare l’unico ufficio postale rimasto nel capoluogo.
3. Difetto d’istruttoria e sviamento dalla causa tipica, violazione dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 261 del 1999. Non è stata svolta un’adeguata istruttoria né si è spiegato il motivo di interesse pubblico di una decisione che nel caso concreto danneggia la collettività.
4. Anche la decorrenza della soppressione degli uffici risulta affetta in via derivata dagli stessi vizi degli atti impugnati.
Si è costituita in giudizio le Po. S.p.A. che eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse, in quanto il Comune non avrebbe uno specifico interesse e non subirebbe una lesione concreta e attuale dal provvedimento impugnato.
Altra inammissibilità deriverebbe dalla mancata impugnativa degli atti presupposti, in particolare del piano annuale degli interventi di razionalizzazione della rete postale. Gli atti impugnati sono meramente attuativi delle decisioni già assunte. Inoltre sulla questione eccepisce l’incompetenza del Tar per il Friuli Venezia Giulia a favore del Tar del Lazio - Roma.
Altro profilo di inammissibilità riguarda il difetto di giurisdizione in quanto le Po. spa sono soggetto di diritto privato e la sfera dell’organizzazione dei suoi uffici e dei suoi servizi appartiene alla sua autonomia privata.
Sempre in via pregiudiziale eccepisce la carenza d’interesse del comune in quanto il provvedimento di chiusura dell’ufficio non ha inciso sui paradigmi organizzativi fissati dal decreto del 7 ottobre 2008.
Le poste contestano poi anche nel merito il ricorso concludendo per il suo rigetto.
In successiva memoria di replica il Comune ricorrente osserva come non sono in discussione i criteri stabiliti ma la loro concreta applicazione tramite gli atti impugnati. Quanto alla giurisdizione essa spetta al giudice amministrativo sulla base dell’articolo 133 comma primo del codice del processo amministrativo.
Inoltre, di fronte a situazioni particolari legate alla conformazione geografica dell’area i criteri dell’economicità non possono essere assunti a dato assoluto e anche le distanze vanno valutate con estrema attenzione, rifuggendo da qualsiasi automatismo. In sostanza la riduzione di uffici postali non può seguire una logica meramente economica. Insiste sulle sue conclusioni.
Nel corso della pubblica udienza dell’8 luglio 2015 la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del presente ricorso sono i due provvedimenti con i quali le Po. spa hanno disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici postali ubicati in due località del Comune ricorrente, cioè le note del 9 gennaio 2012 e del 17 gennaio 2012 del direttore della filiale.
2. Corre l’obbligo di esaminare le numerose eccezioni sollevate dalla Po. spa.
Quanto alla giurisdizione essa spetta al giudice amministrativo ex art 133 del cpa trattandosi di una controversia in materia di pubblici servizi relativa a concessioni di pubblici servizi.
Inoltre, come noto e conformemente a una costante giurisprudenza europea e nazionale, non rileva la forma assunta dall’ente ma la finalità e l’oggetto del suo operare. Non si può dubitare che le Po. ancorché formalmente una s.p.a. esercitano un servizio di pubblico interesse e per tale ragione sono controllate dallo Stato, per cui gli atti posti in essere da tale ente vanno considerati atti amministrativi e quindi impugnabili dianzi al giudice amministrativo.
3. Un’altra eccezione riguarda la mancata impugnazione degli atti presupposti, vale a dire in particolare del decreto ministeriale che ha disposto la riorganizzazione degli uffici postali nell’intero territorio nazionale. Anche tale eccezione non è fondata in quanto nel ricorso non si contestano i criteri e i contenuti del decreto ministeriale, ma la loro applicazione concreta al caso specifico, avvenuta tramite i due provvedimenti impugnati.
4. Un’ulteriore eccezione riguarda la presunta competenza del Tar Lazio - Roma; anche tale rilievo non può essere accolto in quanto i due provvedimenti impugnati riguardano esclusivamente il territorio del Comune ricorrente, e quindi in base al codice del processo amministrativo art. 13 la controversia deve essere decisa da questo tribunale.
5. Altra eccezione riguarda l’interesse del comune; ad avviso di questo collegio esso va ritenuto sussistente in quanto da un lato il Comune quale espressione della collettività ha un evidente interesse a che il servizio postale venga svolto nell’intero territorio comunale in modo consono alle esigenze dei cittadini, e d’altro lato in quanto lo stesso comune ha interloquito con le Po., prima della decisione impugnata in questa sede.
6. Il presente ricorso va esaminato nel merito.
Ad avviso di questo collegio risulta fondata la censura di difetto di motivazione e d’istruttoria in relazione alla particolare conformazione del territorio comunale in oggetto.
Va, infatti, osservato come in questa vicenda l’aspetto economico, cioè l’esigenza per le Po. di risparmiare e quindi di ridurre il numero degli uffici postali, se va ovviamente considerato nella sua rilevanza in una situazione di ristrettezza economica generale, tuttavia non può essere considerato né esclusivo né prevalente sull’interesse pubblico allo svolgimento corretto di un servizio universale come va considerato il servizio postale.
7. In altri termini, sulla base altresì dei principi europei di cui alla direttiva 2008/6/CE, il dato economico ovvero quello della distanza indicato del decreto ministeriale del 7 ottobre 2008, non possono essere considerati né come assoluti né come di automatica applicazione, ma vanno rapportati alla situazione geografica e orografica di alcune zone, onde raggiungere un equilibrio e un bilanciamento tra gli interessi degli utenti e quelli dell’azienda.
8. Nel caso in esame va poi rilevato come le Po. non abbiano nemmeno preso in considerazione la proposta formulata dal Comune di chiusura alternata dei vari uffici postali, con un’evidente carenza d’istruttoria e di motivazione.
9. Questo tribunale non sostiene affatto che i due uffici postali in questione non potessero legalmente essere soppressi, ma che ciò doveva eventualmente avvenire previa comparazione dei vari interessi, compresi quelli evidenziati dal comune nel suo ricorso, e comunque con una congrua motivazione e non con un mero richiamo alle disposizioni che per la loro generalità non potevano tener conto delle specifiche concrete situazioni.
10. Quanto fin qui evidenziato risulta sufficiente per accogliere il ricorso e annullare entrambi gli atti impugnati, laddove le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Condanna l’ente resistente al pagamento a favore del Comune ricorrente delle spese e onorari di giudizio che liquida in euro 3000 oltre agli oneri accessori e al rimborso del contributo unificato nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi - Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi - Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi - Referendario
Depositata in Segreteria il 15 luglio 2015.