Su l'edizione nazionale de La Stampa, nel Supplemento TuttoscienzE, che trovate oggi in edicola, si parla di Saluggia.
Nell'articolo, firmato da Fabio Pozzo, titolato "Dove nascono gli stent salvavita con farmaco incluso" si descrive il nostro paesello così:
"La piana di Saluggia, 40 km da Torino, è dominata da un cilindro bianco, quello del reattore sperimentale che segnalava uno dei centri italiani di ricerca nucleare più avanzati. Ed è proprio dal reattore «spento» nel 1972, che parte la storia del biomedicale made in Italy. Aziende nate dalla stessa matrice, che si sono poi sviluppate autonomamente, conquistando quote di mercato nella produzione di dispositivi medici per la cura delle malattie cardiovascolari. «La rampa di lancio è stata l’intuizione di sviluppare valvole cardia che in carbonio. Siamo partiti da quello pirolitico, usato per rivestire l’uranio, e siamo arrivati al turbostratico», spiega Franco Vallana. Ingegnere nucleare, è stato a capo della divisione cardiochirurgica della Sorin e quindi fondatore e ad di Cid (Carbostent&ImplantableDevices), spin-off nella galassia della della multinazionale turca Alvimedica, gruppo di cui lo stesso Vallana è direttore scientifico. «Le valvole in carbonio si sono affermate grazie alla loro durata illimitata e soprattutto grazie alla elevatissima emocompatibilità».
Lui è anche l’uomo degli «stent», le piccole strutture da 80 millesimi di millimetro di spessore che vengono infilate nell’arteria femorale e raggiungono le coronarie che circondano il cuore, dilatando le occlusioni e abbattendo il rischio infarto. La Cid-Alvimedica, oggi, ha 160 prodotti a catalogo, è titolare di 46 brevetti Ue e 27 negli Usa. «Siamo condannati, se vogliamo concorrere, a produrre i prodotti migliori». Come la tecnologia del «carbon coating»: un sottilissimo film in carbonio per rivestire valvole e «stent», i cui componenti possono essere realizzati in materiali diversi, meno rigidi. L’evoluzione è continua e si cerca, fin dove è possibile, di evitare interventi chirurgici invasivi attraverso i dispositivi impiantabili per via percutanea. È il caso degli «stent medicati». «L’arteria occlusa trattata con lo “stent” normale può rioccludersi. La nostra idea è stata quella di realizzare una scanalatura nella parete del dispositivo, dove si ripone un farmaco che viene rilasciato in loco e impedisce il proliferare incontrollato delle nuove cellule che ostruiscono l’arteria». «Eccellere - spiega Vallana - significa ricerca e promozione: attività che richiedono costi per milioni. E Alvimedica è arrivata al momento giusto». I nuovi orizzonti ? Gli «stent medicati periferici», capaci di evitare amputazioni in soggetti diabetici, e le valvole percutane e biologiche. «Nel primo caso siamo prossimi a lanciare il prodotto. Quanto alle seconde, si tratta di montare su un catetere una valvola biologica, realizzata con una membrana di pericardio di vitello. Stesa su un cestello di carbonio, viene poi inserita nel cuore. Una tecnologia nata alla Sorin, ma siamo pronti a cercare nuove vie di collaborazione. Ci vogliono tempo e risorse, ma la realizzeremo».
Ciao alla prossima
e chiunque volesse
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