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domenica 19 ottobre 2014

LA STRAORDINARIA STORIA DEL FAGIOLO. DALLE AMERICHE A SALUGGIA.



Carissime Amiche Lettrici 
e Carissimi Amici Lettori,
chi vi scrive, in passato ha dedicato
molto tempo
sia allo studio della storia 
che alla promozione
ed alla divulgazione
del nostro tipico
legume locale.

Uno degli scritti più interessanti che abbia mai letto mi venne consegnato e regalato, anni fa, dall’autrice,
la d.ssa Alessandra Cesare.

Vi lascio quindi alla lettura,
con preghiera ed invito formale,
se chiunque,
volesse utilizzarlo,
di citarne,
in rispetto del copyright,
sempre la fonte.

Grazie.


Ciao alla prossima
e chiunque volesse
liberamente replicare
può farlo sempre qui:
marco.pasteris@yahoo.it

LA STRAORDINARIA STORIA 
DEL FAGIOLO.
DALLE AMERICHE A SALUGGIA.


Il paesaggio agrario vercellese si arricchisce di una varietà di aspetti ignota per l'addietro: l'America oltre che con il mais, contribuì a foggiare il paesaggio rurale con Affermazione vittoriosa sui campi anche del fagiolo.
Alessandra Cesare
Saluggia è da sempre terra di confine, non adatta alla coltivazione del riso. Una terra, in cui il fagiolo americano ha saputo adattarsi, e caratterizzare un ambiente 'quasi assediato' dalla risicoltura, come quello della provincia vercellese. Dall’indagine condotta sui documenti, gli ordinati comunali, conservati nell'Archivio Storico del Comune di Saluggia e già indagati da Pietro Gauzolino1, si estrapolano notizie sulle coltivazioni praticate in loco ed emerge che gli abitanti del borgo abitualmente non corrispondevano la quarta ai loro signori. La quarta, pagamento della tassa sul raccolto da parte dei contadini, si sarebbe andata a sommare alle altre gabelle di origine feudale. I conti Mazzetti di Frinco e Saluggia, iniziarono numerose cause giuridiche per ottenere quanto loro spettava, secondo le ancora vigenti leggi feudali. Le liti si protrassero per più di un secolo e mezzo; ed è proprio dalla documentazione pervenutaci inerente questa 'lite' apprendiamo che, mentre, verso oriente, il territorio saluggese, nel secolo XVI era per intero coltivato a vite, e il fondo tra i filari era coltivato a segala, avena e frumento, a settentrione, le vigne diminuivano e nel fondo si coltivavano anche fagioli e lenticchie.
Già nell'anno 1492, segnato dalla scoperta dell'America, a Saluggia, i conti Mazzetti, intraprendono una vertenza legale contro i contadini, delle loro terre, per ottenere il rispetto dei loro diritti feudali. La sentenza, si conclude nel giugno 1493 con il riconoscimento, davanti al notaio, del pagamento della quarta da parte dei massari. L'applicazione della tassa riguardava il versamento della 'quarta' parte di qualsiasi frutto e di una somma stabilita in denaro e in capponi. La lite ripresa nel gennaio del 1495 e conclusa nuovamente con un atto di transazione, si riaccenderà ancora nel corso dei secoli XVI e XVII, protraendosi sino alla definitiva conclusione del gennaio 1695, quando saranno trascorsi ben due secoli e, si sarà già verificata la scomparsa di rape, fagioli, ceci e fave più comuni in alcuni fitti del '500 e nelle fittanze posteriori, a causa della coltivazione sempre più estesa del frumento nobile.
Il Gauzolino, nel già citato intervento, afferma di aver visionato documenti estranei alla comunità saluggese per i secoli antecedenti al 1500, in cui si legge: I signori del luogo avevano il diritto di ricevere dalle persone che coltivavano i terreni feudali, la quarta parte di tutti i frutti raccolti Tutti questi frutti venivano portati negli Air ali, che a Saluggia nel 1495 si trovavano presso la Porta Rossa oppure nel Recetto . Ancora oggi, i baccelli vengono stesi sull'aia (gli antichi airali) a completare l'essicamento e
1P. Gauzolino, La storia di Saluggia, Saggi di Revisione, Saluggia (VC), 1989.
21 documenti visionati dall'autore non sono stati segnalati né indicati e al momento attuale non ancora reperiti dagli
scriventi.

sgranati mediante battitura. Qualora, poi si tratti di rampicanti nane, la raccolta avviene estirpando le piante dal terreno, legandole a fascette e portandole sull'aia, ove vengono poi battute. Tralasciando le informazioni relative all'esistenza del ricetto e della porta rossa, la data del 1495 è significativa: Gauzolino riportando i punti essenziali dell'atto di transazione stipulata, a Casale Monferrato, in data 20 gennaio 1495, tra i conti Mazzetti e i contadini saluggesi., al quarto punto trascrive: // castellano aveva fatto la proclamazione sul posto di Saluggia, che [i contadini] dovessero pagare la quarta dei frutti: frumento, biada, avena, fave, meliga, mìlio, orzo, fagioli, lenticchie, ceci Più oltre, si legge nelle parole di Gauzolino, (proseguendo la lettura degli ordinati concernenti la lite tra la comunità di Saluggia e i conti Mazzetti), la descrizione dei frutti, su cui i contadini erano tenuti a pagare la quarta. In data 27 giugno 1535 si legge: vite, segala, avena, frumento, fagioli, lenticchie, meliga, canapa, fave, ceci, noci.
Le leguminose, nelle specie di: fagioli, ceci e fave si trovano spesso anche indicati con il termine collettivo di marzaschi e maraschi. A questo punto ci soccorre la linguistica nel porre l'attenzione sulla mutazione subita dalla parola nel corso dei secoli. Negli ordinati comunali del 1583, si legge: avena, tabe, fassoli, cisser, miglio, lentigia et in qual si voglia altre sorte di legumi.
Fagioli, fagiuoli, fassoli dal latino phaselos/phaselus-i 3 e a sua volta, dal greco <pa'(7T]Àog~ ov con il significato di fagiolo, nelle sue diverse specie, per alcuni tra esse rientra anche la fava (Virgilio, Georgiche, I, 227). Come diminutivo di phaseolus-i esistono lezioni terminologiche diverse: faseolus^ fasiolus e passeolus e passiolus (Plinio). Il termine phaseolus con cui genericamente si indicavano anche le fave oltre il fagiolo, è la versione volgare del termine. Quella dotta si rinviene in smilax, cis I milax - cis , smilace. Dal greco cFfiiXa^/juiXa^ in attico, con il significato di smilace, sorta di elee, ajuiÀag Ktjnai 'a smilace di orto.
Le varietà maggiormente coltivate oggi appartengono al genere phaseolus che conta centinaia di specie. La prima traccia della coltivazione del fagiolo in un documento storico saluggese è, come si è visto, quella del Gauzolino che data 1495. Prima della scoperta dell'America, erano conosciuti e coltivati in Europa soltanto i fagioli bianchi con macchia scura, noti ancora oggi come fagioli dell'occhio. Alla cui specie, si fa riferimento nel documento del 20 gennaio 1495. Il fagiolo dell'occhio (vigna sinesis, melanophthalmos, vigna unguiculata), è un'erba tropicale dell'Asia e dell'Africa, simile al fagiolo (phaseolus vulgaris) coltivata anche in Italia per i semi - piccoli ovali bianco-rosei con una macchietta nera intorno all'ilo- che si consumano secchi. Alle leguminose veniva dato sempre maggiore spazio, nelle terre dove la rotazione triennale fu introdotta e potè espandersi. Queste consentivano di arricchire di azoto il terreno e di garantire alternativamente una proteina preziosa, per quanto 'povera' all'alimentazione umana, o un buon foraggio per gli animali. L'importanza dei legumi nell'alimentazione del contadino medioevale è dovuta   come sappiamo, al fatto che
3Calonghi, Dizionario della lingua latina, Rosemberg&Seller, TO 5 L.Rocci, Vocabolario greco -italiano, Dante Alighieri, FI

essi forniscono proteine meno nobili di quelle della carne e dei prodotti zootecnici, ma pur sempre proteine4. E' questa, appunto, la funzione del fagiolo. Proteina povera che provvede le calorie necessarie al sostentamento per il lavoro, ed aumentandone la quantità nella dieta globale, assume una funzione qualitativa, liberando l'uomo dalla schiavitù delP alimento; esclusivamente considerato come reintegratore della forza lavoro. Insomma, l'espansione delle leguminose fu decisiva nel determinare la 'rivoluzione agraria'. E' stato, infatti, chiarito che ad esse e non tanto alle colture da rinnovo fu dovuta la nuova spinta produttiva: il rinnovo fu anzi possibile perché si accompagnò allo sviluppo delle leguminose e non viceversa.
Si deve aggiungere che specialmente in Italia, quest'estensione delle leguminose avvenne anche nel maggese 'vestito' sostituendosi in tal caso alle colture dei cereali primaverili. L'introduzione delle leguminose oltre a garantire all'alimentazione umana proteine 'povere', aumentò la fertilità del suolo grazie al processo di fissazione dell'azoto, che si stava impoverendo a colpa della restrizione del maggese. Le coltivazioni del fagiolo - nella più antica descrizione delle colture sul territorio saluggese, conservata in loco - datata al 1535, si estendevano dopo la cassina di Martineto andando verso la roggia fino alla Casina della Benna, e da essa fino alla strada che conduce alla Cassina de gualini ci sono campi di moggi 100 pieni di segala, frumento, avena, canapa, meliga, lino, fagioli5. Vi erano fagioli e nella zona in direzione di Borgoregio e in quella di Sant'Antonino. Il fagiolo porta azoto alla terra ed è altamente produttivo, la cultivar 'Saluggia' è nana, con cicli medio brevi e di solito si semina dopo l'orzo. Le leguminose negli ordinati comunali sono sempre affiancate: ceci, lenticchie, fave e fagioli. La coltura del fagiolo di Saluggia è associabile a quella del granoturco e delle patate, di solito dopo la semina dell'orzo e anche a quella di barbabietole e ricino.
Le qualità nutrizionali del fagiolo, da leggersi come fagiolo dell'occhio erano note. In una miniatura, opera di un artista di origine lombarda fra il '300 e il '400, e prossimo al modo di Giovannino de' Grassi6, mostra la collocazione del legume in parola in un paesaggio di robusto realismo padano, ricco di gusto narrativo e aderente all'universo contadino e rurale. 7I1 Theatrum Sanitatis    illustra le caratteristiche del legume: //
4 Ugolini, Pietro, Tecnologia ed economie agricole^ Einaudi, Torino 5Gauzolino, Pietro, Storia di Saluggia, Saluggia (VC),1989
 dei tre celebri Taccuina sanitatis, conservato alla Biblioteca Casanatense di Roma, gli altri alla Biblioteca Nazionale di Parigi e di Vienna, che mostrano reciproci rapporti di dipendenza. 7Toesca, Pietro, La pittura e la miniatura nella Lombardia .

fagiolo di natura calda e umida in primo grado. I migliori sono quelli rossi e non bucherellati. Giovamento: producono urina e impinguano il corpo. Nocumento: danno nausea e cattivi sogni. Rimozione del nocumento: con olio, salamoia e senape.
E 'possibile ipotizzare che i contadini accettino senza troppa diffidenza di coltivare una cultivar diversa di un prodotto di cui erano note le qualità nutrizionali, anzi la qualità americana presentava qualitativamente caratteristiche migliori: un elevato valore calorico e ricchezza di proteine (faseolina) del più alto valore fra quelle vegetali. Le qualità, dunque, del phaseolus d'oltreoceano hanno fatto sì che avesse il sopravvento sul fagiolo dell'occhio. Furono i conquistadores spagnoli a importare il nuovo 'tipo' di legume in Europa, dove si diffuse ben presto, entrando a far parte della cucina di quasi tutti i paesi europei, resta infatti ancora traccia di quella importazione nell'abitudine di chiamare 'fagioli di Spagna', una varietà grande e bianca.
Le cultivar più comuni risultano oggi essere tra le altre, il bianco di Spagna, quella del borlotto di Vigevano (nano e rampicante), e la 'Saluggia' (nana e molto produttiva). Le varietà si differenziano in base al portamento della pianta, nana o seminana, e dell'utilizzo del baccello. Accanto alle cultivar più conosciute, altre, come appunto la 'Saluggia', anche se rivestono notevole importanza soprattutto qualitativamente, sono meno conosciute perché hanno avuto una diffusione spesso soltanto locale, trattasi nel nostro caso di un ecotipo (una pianta che nel tempo ha assunto caratteristiche agronomiche e organolettiche influenzate dal clima e dal tipo di terreno). Dal continente americano arrivano come si è visto diversi prodotti che, con il tempo, decretano un apporto calorico e nutrizionale diverso, specie sulla tavola estremamente misera dei più poveri.
Sulla mensa dei ricchi, dove erano già presenti carne, olio, vino, cereali di qualità, le 'nuove terre' portano il caffè, la cioccolata ed il tabacco.
Il fagiolo in questo processo si inserisce nella prima delle due categorie e come molti altri legumi entra a far parte del ristretto numero degli alimenti base delle classi meno ambienti. Braccianti, mezzadri del sud, contadini del nord ne fanno uso, questo in una cucina fortemente regionalizzata come si trova ad essere quella italiana, caratterizzata da condizioni climatiche, idrogeologiche e realtà politico- sociali fortemente diversificate. La 'zuppa di fagioli' è un tratto unificante della cultura delle classi contadine dal nord al sud della penisola Matazone da Calegano8 descrive con questi ingredienti il pranzo del villano: 'nel mantovano il fagiolo come minestra per il desinare, fagioli e zucchini conditi o fior di zucca fritti per merenda o fagioli lessati a
5 G. Contini, Poeti del '200

colazione conditi con lardo'. Il fagiolo con il suo apporto calorico è presente nell'alimentazione del contadino, nei vari pasti della giornata e nelle varie stagioni dell'anno.
Fave e fagioli erano molto usati anche sulle tavole non povere. Assai diffusi erano i fagioli, ma quelli della tradizioni italica, che nel 4500 trovarono dei rivali, nei fagioli americani, detti al loro comparire, 'fave turche' o 'fagioli turchi', 1' origine americana è smascherata dal nome usato in Francia, haricot, derivato dal termine indigeno di origine messicana ayacott
Lenticchie, ceci, fagioli, fave venivano trattati ed usati come contorno alla carne, pure diffuso era l'uso dei gnocchi9. Con il nome di 'fave turche' erano chiamati i fagioli americani così come con 'grano turco' era indicato il mais americano, dopo la scoperta dell'America.
Solo nel '500 fu coltivato in Italia il fagiolo americano, Yayacott dei messicani o Pharicot dei francesi, da distinguersi dal fagiolo dell'occhio, che appartiene alla tradizione classica, il phaseolus vulgaris. I primi tentativi della coltivazione del fagiolo americano si ebbero a partire dal 1530 in Veneto, dal quale rapidamente si diffuse in Italia settentrionale e in seguito in tutta la penisola. Parallelamente continuava la coltura di altre leguminose tradizionali come le fave, le veccie e i lupini. Questa datazione è riportata da Francesco Cognasso ed è discordante rispetto a quella di altri storici, come G.B. Maefield, il quale, confondendo le date, sempre nello stesso testo afferma che Jacques Cartier nel suo viaggio oltreoceano del 1533 scoprì i fagioli (phaseolus vulgaris), che crescevano nel Canada e probabilmente ne riportò in patria (Francia) i semi. Gli Inglesi ottennero per la prima volta i fagioli dai Francesi e continuarono da allora a chiamarli french beans.
Maefield afferma, poi, che il primo viaggio in America di J. Cartier è del 1534. Si può quindi ragionevolmente affermare che i fagioli americani giunsero in Europa negli anni trenta del secolo XVI e si diffusero attraverso i commerci che ne fecero Olanda e Inghilterra; solo in un secondo tempo il prodotto raggiunse l'Europa meridionale. Da chiarire rimane come il legume arrivò in Italia, (informazioni importanti potrebbe darne il volume di Orazio Comes).
Dal 1533, in seguito alla morte dell'ultimo Paleologo, marchese del Monferrato, Saluggia e il suo territorio viene a trovarsi sotto il potere di Margherita, marchesa di Monferrato e duchessa di Mantova, la quale continuerà ad infeudare i conti Mazzetti sino al 1590. Alla corte dei Gonzaga i terreni nel 1577 producevano: 55% di frumento, 7% di fave, 5% di segala, 3% di orzo e il 2% di fagioli12. Facendo un confronto con la produzione delle terre della Parigi del secolo XVI, da cui si ricavavano: 36% di avena e orzo, 34% di cereali e frumento nobile, 10% di orzo e il 4% di fagioli, è possibile affermare che il legume d'oltreoceano si diffuse lentamente in Europa.
9 Toesca, Pietro, La pittura e la miniatura nella Lombardia
12 G.B. Maefield, Storia economica di Cambridge, tomo IV, cap. V, pp. 317, 319

Negli ordinati del Comune di Saluggia dal 1565 al 1572 sono riunite le decisioni intraprese dal Consiglio Comunale, il 9 agosto 1568 vengono emanate le sanzioni contro coloro che saranno sorpresi a rubare o asportare clandestinamente i frutti dai campi; nel 1570 sono aggiunte altre violazioni di proprietà tra queste una recita: ognuno ritrovato messonando una mìnatta de fasolli. II fagiolo comincia ad essere menzionato tra i prodotti soggetti a furto. E' il primo timido riconoscimento del valore economico, ancora poco rilevante, del prodotto.
In questa data è ragionevole affermare che l'ordinato tratti del fagiolo americano, introdotto forse in terra saluggese attraverso il ducato di Mantova, dove era coltivato. La coltivazione fu preceduta con molta probabilità da una fase in cui le due specie, americana e dell'occhio, furono affiancate. L'americana soppiantò allora con le proprie caratteristiche quella classica, l'europea.
E' curioso come il fagiolo ebbe anche una consacrazione papale. Clemente VII, a cui ne erano stati fatti dono, diede dei semi di fagiolo, verso il 1530 al letterato bellunese Pietro Valeriano. Il llpoeta li consacrò alle Muse e li cantò nel suo poema, dal titolo "De milacis cultura" composto verso il 1533. Valeriano, uomo di profonda cultura adotta il termine milax- cis, per indicare il fagiolo, la versione dotta del vocabolo, conservatasi in ambito scientifico, ( phaesolus americanus, il fagiolo oltreoceanico; phaseolud cinese, la soia; phaseolus vulgaris il frutto a legume).

Alessandra Cesare

E. Cecchi quei curiosi fagioli messicani, che sul piatto della tavola, saltellano, si agitano con movimento paralittico, e non riescono a trovar pace.

F. Durante ifagiuoli com elfave mangiate ne i cibi gonfìanoe affannano lo stomaco.
Buonarroti il Giovane anticamente s'usar certe navi/a lor imitazione dette fagiuoliV
che erano, dice Catullo, sì veloci/ d'aver per nulla degli uccelli i voli

Alemanni sian la fava pallente, il ceca altero, il crescente pesel, Vumìl fagiuolo/ la ventosa cicerchia in parte dove/ senza soverchio umor felice e lieto/ trovin l'albergo lor.
G.  Boccaccio ne quali solchi si vedono gli alti papaveri, utili a 'sonni, e i leggeri
fagiuoli e le cieche lenti e i ritondi ceci con le già secche fave, né suoi luoghi divisi
ciascuno.

G. Solderini // fagiuolo si dee allargar in terreno grasso ben lavorato, e tanto il
manuale, quanto il turchesco e l'indiano; ...
Matazone da Caligano Ora è stabilito/ che deza aver per vieto/ lo pan de la mistura/ con la zigala cruda/ faxoi, ayo e alesa fava,/paniza freda e cruda rava. Dalle Maccheronee di Folengo, la cena del villano Berto Panada zuppa di fagioli, di piselli, di ceci, di cicerchie, di lupini, di veccie...
11 Biographie Universale ancienne et moderne, Paris, 1827, tome 47. Giovanni Piero Valeriano o Valeriano Bolzani, nato nel 1477 a Belluno, nella marca Terivigiana. Il cardinale Bembo, Leone X, Clemente VII furono i suoi mecenati. Le opere di Valeriano si distinguono per una rara eleganza. Nel 1538 a Bàie, Valeriano da alle stampe i Poemata, e a Venezia nel 1549 Amorum libri quinque et alia poemata.