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giovedì 26 marzo 2015

A MASSERIA PANAREO DI OTRANTO LE SCULTURE DI GIOVANNI TAMBURELLI

IL SALUGGESE GIOVANNI TAMBURELLI

Dal 1 aprile al 31 ottobre 2015 gli spazi interni ed esterni della Masseria Panareo accoglieranno Tamburbattente, le straordinarie sculture in ferro di Giovanni Tamburelli, eccellente artista, che fa rivivere attraverso il ferro in forme astratte, le creature di un mondo infinito: hanno forme animali, a volte inquietanti, ma sempre originali. La mostra è a cura di Maria Cristina Mello Grosso della Galleria Semid’Arte di Torino (www.semidarte.it).


Molti intellettuali hanno scritto testi su Giovanni: da Nico Orengo a Sebastiano Vassalli, da Gad Lerner a Frédérick Tristan (Prix Goncourt), critici quali Guido Curto, Gillo Dorfles e Martina Corgnati e moltissimo è stato detto sui suoi mondi fantastici e onirici.


Scrive Curto in una delle molteplici pubblicazioni sull'autore "Tamburelli realizza fantasiose e surreali sculture d'aspetto prevalentemente zoomorfo: rane, pesci, mucche, zanzare, asini, volpi, conigli..., forme naturalistiche spesso ibridate con immagini di centauri, ippogrifi, draghi che diventano i personaggi di un immaginario giocoso e onirico". Parte integrante delle opere, non solo elemento decorativo, sono i colori, sempre vividi, rosso carminio, verde smeraldo, turchese, giallo cadmio, salvo quando, per scelta, i materiali usati sono ferro arrugginito, alluminio o bronzo.
Ogni sua opera esprime una provocatoria volontà di allontanamento da una concezione mentale ed elitaria dell'arte, è un omaggio a una rinnovata manualità e artigianalità, quasi a dire che l'artista, prima di tutto, deve "saper fare". Una capacità che viene messa in risalto nei suoi fantastici e delicati acquarelli, unica alternativa al metallo.


E poi sedie, tavoli, arredi, cornici di specchi vuote, tutto quanto può essere realizzato in ferro, diventa un "banco" di prova delle sue capacità, materia da esplorare, con cui cimentarsi, in un continuo dedicarsi alla creazione di forme sempre nuove che evocano uno stato d'animo sereno, la gioia di vivere nella casa-laboratorio-rifugio di Saluggia.


Giovanni Tamburelli nasce da una dinastia di fabbri. Già mentre frequenta la scuola media, nei ritagli di tempo aiuta il padre in officina; poi, d’estate, va in vacanza in un paese dell’Appennino piemontese, dove il nonno è il fabbro del luogo. “In pratica, cambiavo solo officina”. Studia arte grafica, destinata a scomparire di lì a un paio di decenni, spazzata via dalla rivoluzione del computer. Diventa, seguendo la tradizione familiare, un eccellente artigiano del ferro: ma ancora non pensa che quel materiale grigio e opaco possa servire ad altro che a costruire cancellate e inferriate. Tra i venti e i trent’anni sogna impossibili evasioni: i viaggi, la poesia.


I viaggi lo portano qua e là, la poesia è per lui, come per tutti, un percorso interiore: lungo, tortuoso e probabilmente inevitabile. Scrive Sebastiano Vassalli "L’incontro del poeta Tamburelli con il fabbro Tamburelli avviene relativamente tardi. Dopo qualche tentativo, in officina, di far vivere il ferro in forme astratte, evocate da un pezzo di scarto o dall’assemblaggio di qualche ritaglio di lamiera, un giorno Tamburelli batte sull’incudine. È l’inizio della creazione". Nessun altro materiale, se non il ferro, poteva permettere a Tamburelli di approdare al paese della creazione dopo aver attraversato i deserti della parola scritta.



(FONTE - WWW.VINIESAPORI.NET)